Tarocchi e Teatro: viaggi negli universi paralleli.

Che c’entrano i tarocchi col teatro?

A uno sguardo disattento, superficiale e convenzionale, direi nulla.

“In teatro se recita, se fa spettacolo, se mette in scena, se ride, se piagne, a volte pure se magna…ma i tarocchi no…quelli in teatro non l’ho mai visti.” Cit.

Giusto. Dico io. ‘Nfatti.

[EVA KANT]

Un giorno un fotografo di scena piuttosto anziano, guardando i miei polpaccioni e percependo il mio imbarazzo nell’esibirli, mi disse: “Cara…la bellezza, costa!” Suggerendomi velatamente che avrei dovuto rivolgermi a un chirurgo estetico.

Io invece asserisco: “Cari, non la bellezza da copertina mi interessa, e non perché giudico sbagliato uscire in copertina, tutt’altro, ma perché A ME non basta, quello che cerco non è semplice bellezza estetica, ma IL SUBLIME. E comunque anche il sublime, qual’ ora non ve ne foste accorti, costa.”

Costa intelligenza, cuore, devozione, determinazione, ma soprattutto il sublime costa abbandono.

L’abbandono è quella capacità, di farsi da parte per lasciare spazio ad altro, di stare in profondo ascolto, senza giudizi, senza velleità, la capacità di essere e di stare a totale disposizione.

A tutti gli effetti il sublime è per gli idioti.

[io che sto scrivendo questo post]

Come il Tao – non si può essere qualcuno, inteso come un piccolo me, e incorporare la grazia, gli dei e le Forze. Per fare questo devo DIMENTICARMI DI ME. Dimenticarmi del peso della mia storia, delle mie malattie, delle mie incombenze e necessità, devo farmi foglio bianco, schermo senza immagini, pronta, vigile, attenta, indagatrice, scrutatrice e divina creatrice.

Quello che mi passerà attraverso potrà essere qualcosa di terribile e spaventoso, non me ne dovrò io stessa spaventare, ne mi dovrò identificare con quelle forze, non sarà qualcosa che riguarda me nello specifico, non sarò “bravo o brava”, ne avrò fallito, sarò semplicemente un canale, UNA MEDIUM.

Un attore è un medium, qualcuno che invoca le forze, che si fa possedere, mette a disposizione il corpo come se fosse un altare, come se fosse il corpo stesso il luogo del teatro, la commedia e tutti gli attori, il pubblico e gli applausi, tutto questo è nel corpo, accade nel corpo e vive e si manifesta in e attraverso il corpo dell’attore.

Leggere i tarocchi dunque, è un atto teatrale.

Un attore (o chiunque) se arriva ad allenare discretamente il suo stato di quiete e di ascolto, a seconda ovviamente della sua predisposizione personale, allena di riflesso anche la sua capacità di viaggiare nei mondi. Spesso infatti, dopo una lunga improvvisazione si ha la sensazione di “aver viaggiato”, di essersi fatti un TRIP, questo perché il mondo fisico tridimensionale spazio-temporale nel quale il nostro corpo macchina mangia, va in bagno, fa sesso e beve, non è l’unico mondo dove la totalità del nostro essere vive, SIMULTANEAMENTE… e non è un discorso solo di immaginazione, ma di captare delle realtà.

Ma questo è un discorso per esperti, tecnici ufologi e medium di alto grado.

!!!ATTENZIONE!!!

Da qui in avanti la lettura di questo post potrebbe causarti dei danni alle sinapsi. Se sei debole di cuore e di mente, interrompi la lettura. “NOI CI TENIAMO ALLA TUA SALUTE” cit.

!!!ATTENZIONE!!!

[io di fronte al TG]

Nel processo di incorporazione di un archetipo, e nello specifico dei 22 arcani maggiori dei tarocchi, non mi limito a “fare” il guerriero, l’amante, l’imperatore a livello esteriore, ma a viverlo in me come un’ esperienza.

Ogni archetipo è una forza che con i giusti preparativi, di studio, di invocazione di corteggiamento mentale e sessuale (vedi Crowley e i rituali di magia sessuale) può coinvolgere e sconvolgere tutto il mio essere. Se accuratamente guidata l’esperienza di incorporazione può essere una pratica di conoscenza e di guarigione di me stessa e di chi mi sta a guardare.

Chi guida la pratica (gran sacerdote o gran sacerdotessa che sia) utilizza l’oracolo per riattivare nella psiche dell’iniziato un nuovo risveglio di coscienza o una guarigione, e lo fa non pronosticando enigmi, ma guidando l’adepto in un’ esperienza fisica.

Non si tratta solo di fare due posizioni dei 5 tibetani, o imparare le danze dei Maori o di altri popoli e culture che non hanno ancora del tutto tagliato il loro legame magico con le forze archetipiche, si tratta di essere CREATIVI e allo stesso tempo di non esserlo.

E’ un tipo di creazione artistica che può essere fatta solo da morti, da trascesi, dove il risultato della mio atto magico sarà una creazione artistica ideale e perfetta, oggettiva, PURA.

E’ un tipo di arte molto pericolosa, perché richiede il totale abbandono, ma non la cecità. Se mi abbandono e smetto di essere consapevole della scena, del mio essere, ESSERE, qualcuno, mi perderò nel film che io stesso ho creato (vedi tutti quegli attori che ad oggi se ne vanno in giro credendo di essere Gesù, o Joker ) e diventerò scisso interiormente o semplicemente un pazzo, avrò dimenticato di essere CREATIVO.

Questo è il prezzo da pagare [non la follia, quella semmai è il rischio che si corre] per il sublime, la devozione, l’arte come ricerca e tensione verso uno stato di morte, di trascendenza, di illuminazione [che palle questa parola oltre alla SCHWA si dovrebbero inventare altre parole per indicare tutte le varie tipologie dei diversi stati di coscienza dell’essere umano]. Stato di Pisco-trans-quanti-illuminoscenza. Ecco, per non essere mai banali. Non rende ancora l’idea, ma l’importante è iniziare.

Ci sarebbe ancora molto da dire e da chiarire. Come per esempio il fatto che l’illuminazione non corrisponde affatto ad essere un medium in grado di incarnare degli archetipi. L’illuminazione è lo scopo della vita. A volte uno pensa che tutti gli illuminati siano degli stregoni con poteri magici, ma non è così. Non è assolutamente così. A volte coincidono, ma a volte no.

Prima di concludere vorrei SFATARE UN ULTIMO TABU’: nel circoli intellettual-castranti-radical-stocaz si sente spesso parlare con fare snob dell’ arteterapia, non considerandola una vera arte. Io dico, al contrario che solo l’arte terapia è vera arte. Un’ arte che non si ponga come scopo quello di guarire il pubblico che ne sarà fruitore, non è nemmeno classificabile come arte, ma nemmeno come “attività umana”, non è umano concepire un LAVORO, e quindi impiegare UN’ENERGIA senza uno scopo di guarigione.

E aggiungo, che solo la bellezza e il sublime possono operare una vera guarigione dei popoli, solo la bellezza fa le più grandi rivoluzioni, solo il sublime include, unisce, appiana i conflitti sia interni che esterni. In questo periodo di follia, ultimo colpo di coda di un epoca che è giunta all’ora del suo crepuscolo, è più che mai fondamentale ricordarselo. SOLO LA BELLEZZA FA LE RIVOLUZIONI.

Il resto è merda.

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