I demoni

Ieri nel mio happening/corso on line c’è stato un festino di demoni.

Avevo chiesto a ognuno dei ragazzi di sceglierne uno da un elenco che avevo appositamente pensato e dopo un’adeguata preparazione mentale e fisica sono stati tutti invitati al castello dei demoni, prendere un cocktail, sorseggiarlo da demone, andare alla Toilette dei demoni rifarsi il trucco da demone e infine gettarsi in pista e diventare i re e le regine demoniache del Dance Floor.

E’ stato epico.

Non vedo l’ora di organizzare un festino dei demoni dal vivo.

Rileggendomi mi rendo conto che probabilmente se prima di questo post possedevo una, seppur flebile, parvenza di serietà come attrice e come autrice nonché come maestra di festini e di corsi on line, dopo queste 5 righe credo di aver perso ogni possibile o plausibile credibilità.

Pazienza.

Nel mio entourage sopravvive solo chi è dotato di uno spiccato senso dell’ironia.

D’altronde cos’è che ci rende davvero schiavi dei Demoni che ci vengono a trovare, quando non esplicitamente evocati da noi?

A mio modesto parere credo e sono pronta ad affermare solennemente che sia il prendere tutto troppo sul serio.

E con “tutto” intendo la vita. Ci prendiamo troppo seriamente, viviamo una qualsiasi scemenza come un affronto personale, ci diamo davvero troppa, troppa importanza…Alla fine la Vita, vive un po come vuole. Noi siamo i responsabili unicamente dei nostri stati emotivi -o stati di coscienza- non di tutta la baracca.

Io lo so che la vita è piena di sofferenza. Io lo so che alcuni “demoni” sono davvero, davvero tosti, ma quel che è peggio è che c’è una parte di noi che ne è succube e dipendente! In fondo “Demoni” non è altro che una parola affascinante per descrivere tutte quelle emozioni, o stati dell’essere che non ci permettono di vivere nella gioia.

E ci tengono sotto scacco.

Io per esempio, come molti artisti, ho sofferto per molto tempo di “possessione” da parte del demone, soprannominato da me “Il Bohemien”. Quando mi faceva visita Il Bohemien era finita. Potevo aver scritto la migliore commedia, essere stata notata dal regista più in voga, aver finalmente concluso un affare davvero davvero vantaggioso che niente, eccolo. Arriva lui. Che si insinua viscido fra le mie membra psichiche. Ecco che pensieri di angoscia, e di insoddisfazione cronica prendevano il sopravvento e mi dicevo che la mia vita mortale poteva darmi tutta la ricchezza e il successo di questa terra, ma c’era comunque Altro da perseguire, Altro da ambire, Altro da invocare e poi altro ancora e il cielo e le stelle e come posso io competere con dio e la magnificenza della sua perfetta creazione, sono solo una stupida che gioca che crede di aver creato e invece fa soltanto degli scarabocchi sulla carta, niente sarà mai sufficientemente degno, nessuna opera d’Arte potrà rappresentare mai quello che non può essere rappresentato, L’Assoluto, e l’Infinito! Ah disgrazia! Ah Folle! Che tormento che provo, sono una serva inadeguata, un’impostora! E allora tanto vale sedermi qui, su un ciglio della strada e aspettare che qualcuno abbia pietà di me, che non sono nulla, solo una povera mortale che ha fallito come artista e come persona e per questo non è degna eccetera eccetera eccetera

La conoscete anche voi questa cantilena?

La nostra idiosincrasia alla felicità assume molteplici volti. Uno dei tanti per me era questo.

Ma ovviamente non era il solo e spesso codesta tiritera si portava appresso al sua amica del cuore: la cosiddetta “Piccola Fiammiferaia”.

Una volta che arrivavo a sedermi sul ciglio di quella strada frequentata solo da gente fredda, distante e sicuramente non sensibile all’arte, iniziavo a torturarmi pensando che ormai per me non ci fosse più scampo…

Povera me, la vita è stata così dura che pensavo che non mi rialzerò mai più da questo marciapiede, il mio fidanzato mi ha lasciata e io non troverò più nessuno come lui, ho perso tutte le mie buone occasioni e ora guarda, guardami! Sono povera, brutta e vecchia! Povera me, poveretta me! E come farò adesso? Adesso che non ho niente, sono sola, incompresa, vivo in un monolocale in affitto, mio padre non mi capisce, mia madre è dalla parrucchiera, il mio matrimonio e la mia carriera sono finiti, non ho niente sono una nullità, meglio che stia qui, seduta su questo marciapiede, ad aspettare piangendo la fine miei giorni…la vita non fa per me…è troppo dura, troppo dura…e io son così stanca, stanca, stanca! Mi fa male tutto, ho dolori di qua di là, sù e giù, non mi reggo in piedi, ho sofferto troppo che adesso non mi rimane più energia per vivere, ho lavorato troppo e adesso mi spengo, sono un’assorbente umano, assorbo in me tutto il male del cosmo, tutto il male del mondo è mio e io lo sento, ah ma perché sono così sensibile?! Perché, perché… (un po’ tipo “Checoviana”, la piccola Fiammiferaia infatti è Russa).

Secondo me anche questa cantilena ad alcuni di voi è famigliare.

Certo un po’ enfatizzata, ma a grandi linee questi erano i demoni più vittimosi del mio personale arsenale di demoni.

Avete presente quella puntata di Harry Potter in cui tutta la classe viene invitata a guardare nello specchio magico che rivelerà ad ognuno la loro peggior paura e loro devo recitare “RIDDIKULUS” e la paura si trasforma in una cosa buffa?

Credo che dare un nome specifico a questi stati dell’essere ci aiuti a prenderli con un po’ più distacco, per arrivare a comprendere che non sono altro che copioni che recitiamo perché siamo stati per tanto-tanto-tanto-tempo abituati a recitare solo quelli.

Ci sembra impossibile che la nostra vita possa essere diversa, felice, allegra, leggera, spensierata, colma di ricchezza, saggezza e gioia!

Ci sembra impossibile perché siamo dipendenti da quegli stati e pensiamo che se esorcizziamo da soli i nostri demoni guardandoli per quello che sono (ossia il più delle volte personaggi grotteschi appartenenti a dei piccoli drammi borghesi) non rimarrà più nulla.

Invece.

INVECE!

Se solo capissimo che non è la sofferenza a farci paura, ma la felicità.

Noi non la tolleriamo proprio! Siamo intolleranti a tutto, al lattosio al glutine e alla felicità. A volte siamo così ciechi da non vedere che la sofferenza stessa é felicità!

Felicità che arriva troppo presto, è ancora presto e a noi ci sembra il disastro della nostra vita, il fallimento la fine! Invece è solo un anticipo di gioia. Il nostro sistema la elabora come tragedia, ma se fossimo di più ampie vedute percepiremo la Realtà, che è al di fuori del tempo e dello spazio e vedremmo solo un’immensa, totale, onnicomprensiva e onnipervadente Luce.

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