L’IMPORTANTE è CELEBRARE

Purtroppo questo “particolare” periodo storico in cui viviamo ha svuotato di significato e di ogni bellezza un sacco di parole fighe.

Come ad esempio: Celebrare.

In questo caso specifico la parola in questione viene immediatamente associata dalla mediocre mente dell’ignavo a un qualcosa di noioso, di antico, magari ritual-arcaico-religioso.

Quindi pur di non avere a che fare con preti, o con cose misticheggianti dalla dubbia affidabilità, meglio eliminare l’ennesimo vocabolo dall’uso quotidiano, non menzioniamolo più, oppure releghiamolo alla sfera che appartiene a quei poveretti che vanno ancora a messa.

Invece la celebrazione regolarmente praticata, è qualcosa di necessario e oserei dire di fondamentale per la buona salute dell’essere umano.

Noi donne e uomini abbiamo infinito e costante bisogno di celebrare.

La celebrazione è la vita stessa, in un certo senso.

E non sto parlando ovviamente solo di palloncini e candeline sulla torta.

Certo ci son le ricorrenze, tipo compleanni, lauree, matrimoni ecc.. ma chi mi impedisce di trasformare ogni giorno in una festa?

Il fatto è che ci sfugge il senso, e quindi ci passa la voglia.

Anzi più si va avanti con gl’anni più anche il compleanno diventa una festa inquietante.

Come se “gl’anni” fossero l’oggetto della celebrazione. E non la vita!

Non so perché vi sto parlando di tutto questo, tra l’altro non è neanche il mio compleanno, quinid non so perché mi sia saltato in mente di parlare di celebrazione quest’oggi.

Resta il fatto che non tollero che una parola come celebrazione venga associata dai più a qualcosa di vecchio, maleodorante e stantio.

Spesso nei miei corsi spingo i ragazzi a portarsi in uno stato di celebrazione, simile allo stato di grazia, dove non ci sono più loro che danzano, c’è solo la danza che danza attraverso di loro, c’è solo la vita che vive, l’aria che entra ed esce dai polmoni.

Questo spesso accade dopo la catarsi.

Nella catarsi è ancora necessario esserci, domandarsi “come sto?”, piangere, sfogarsi, mettersi alla prova, stimolarsi, esprimere desideri, sogni, seduzioni varie verso diverse cose e/o persone.

Ma nella celebrazione c’è solo Dio.

E tutta la mia attenzione è rivolta a Lui, che è in tutte le cose ed è in me.

E l’io sono sfolgora la sua luce attraverso i miei disegni nell’aria e la danza diventa un lungo orgasmo di tutto il mio essere.

Nella celebrazione io esprimo, attraverso una danza il più delle volte, o un banchetto, una festa, un canto o un disegno,  Dio in me.

È per questo che tutta l’Arte deve tornare ad essere Celebrativa!

(E non solo denunciativa, o politica, o catartica…)

Cosa c’è di più importante, di più fondamentale e di più rivoluzionario di essere individui che osano CELEBRARE LA VITA?

Io me lo domando seriamente, e mi domando seriamente perché soprattutto nel mondo dell’arte questa cosa non sia assodata!

Invece si indugia nel dolore, è quello che ispira.

È il dolore il carburante. Il dolore ti da la spinta. Questo è assodato.

A me personalmente il dolore, nella mia breve ma intensa vita, mi ha affossata.

Mi ha impantanata e confusa.

Ovviamente.

Le opere che nascono dal dolore, non nascono dal sano desiderio di condividere la Bellezza e l’Amore Eterno e Universale di Dio, ma dal bisogno di attirare le attenzioni.

E qui passo e chiudo.

“Vivo e non sono io a vivere.” (Citazione latina sconosciuta, di qualcuno che sapeva darsi alla celebrazione sfrenata.)

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